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Le pareti dello Zuccone di Campelli m 2170 e dello Zucco di Pesciola m 2096
Zona: Campelli e Resegone
Lo Zuccone Campelli è la struttura più elevata e storicamente più importante dell’intero gruppo. Si estende inizialmente da nord a sud e successivamente dopo lo Zucco di Pesciola verso ovest a chiudere completamente in un semicerchio roccioso la testata dell’alta valle dei Camosci. Le sue eleganti torri di aspetto tipicamente dolomitico si elevano verticali e fanno di tutta l’area dei Piani di Bobbio un paesaggio molto suggestivo e alpino, che rimanda a panorami dolomitici ben più famosi.
Alpinisticamente si distinguono: il dente dei Camosci m 2161, il dente o Zuccone Campelli m 2170 che rappresenta la quota massima di tutta l’area e lo zucco di Pesciola m 2096. Queste torri ben definite sono separate in modo non netto da profondi canali e camini che ne evidenziano le strutture. Da nord si riconosce: il canalone della Forcella, il canalone SEM, il canalone dei Camosci e il canalone della Madonna che separa lo Zuccone Campelli dallo Zucco di Pesciola.
Scheda
Periodo consigliato: Considerando l'esposizione dei vari settori, allo Zucco di Pesciola si può scalare in condizioni ottimali in tutte le stagioni, sui versanti settentrionali una buona giacca è un accessorio molto gradito anche nei mesi più caldi, mentre la roccia sui soleggiati versanti meridionali risulta particolarmente tiepida anche in autunno avanzato.
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Itinerari allo Zucco di Pesciola Lo Zucco di Pesciola, le sue torri e la cresta ovest regalano ai piani di Bobbio un angolo alpestre tra i più suggestivi e caratteristici della Valsassina, il loro profilo tipicamente dolomitico si eleva dalla sottostante “Valle dei Camosci” per mostrare il suo lato settentrionale, esteticamente il più rappresentativo e alpinisticamente il più interessante ed esplorato. Infatti sui versanti settentrionali dello Zucco di Pesciola sono stati tracciati numerosi itinerari, dalle prime salite di Bramani, Fasana e Gasparotto alle ultime e difficili realizzazioni del gruppo di Marino Marzorati. Certamente però la cresta ovest o di Ongania salita da E. Fasana agli albori dell’alpinismo resta la via più percorsa di tutta l’area dei Campelli e tra le salite più conosciute e frequentate del lecchese.
Lo Zucco di Pesciola è costituito da una larga cresta rocciosa che degrada verso ovest (la cresta di Ongania), formata da quattro elevazioni più marcate (meglio definite se osservate da nord), che per una più facile identificazione chiameremo prima, seconda, terza e quarta torre di Pesciola, dove la quarta torre è il punto culminante e rappresenta la vetta dello Zucco di Pesciola m. 2058.
Il versante Sud risulta a prima vista meno definito e più articolato, numerose torri e pinnacoli si elevano dal sentiero degli “Stradini e salgono fino alla vetta, separati da marcati canali e intervallati da larghe cengie erbose. Unica costante che accomuna i vari settori è la qualità della roccia, che risulta sempre molto bella e lavorata per la maggior parte degli itinerari descritti.
Accessi generali:
Si raggiungono i Piani di Bobbio e i rifugi con la funivia da Barzio (www.pianidibobbio.com). La base di partenza più consona per l’accesso ad ogni settore è il rifugio Lecco.
Storia La storia alpinistica dello Zuccone Campelli e del vicino Zucco di Pesciola è assolutamente unica, come unici e esclusivi sono i personaggi che hanno contribuito a realizzarla, Eugenio Fasana, Vitale Bramani, Riccardo Cassin, Emilio Comici, Mary Varale, Mario Dell’Oro “Boga”, Leopoldo Gasparotto, Carlo Mauri, Eugenio Vinante, Manlio e Ettore Castiglioni. Personaggi che, protagonisti della loro epoca, hanno contribuito a creare l’alpinismo e la sua storia, dei fuoriclasse che hanno portato la loro firma e la loro indiscussa eleganza sulle più belle ed importanti montagne del mondo. Ma qui, sullo Zuccone Campelli hanno reso uniche queste pareti dipingendo le loro linee una vicina all’altra a dispetto del tempo e delle mode.
Se tralasciamo le salite dei canaloni che non oppongono vere difficoltà alpinistiche continue, le prime avventure esplorative risalgono al 1879 con le audaci scalate di E. Brusoni lungo le creste più accessibili (parte della cresta Bobbio). Ma la prima vera salita alpinistica conosciuta è l’ascesa nel 1909 della cresta Ovest della torre di Pesciola per opera di Eugenio Fasana, un vero exploit per l’epoca, se si considera che la cresta è stata salita da Fasana in solitaria e nella stagione invernale. La via fu dedicata poi da Fasana all’alpinista scrittore lecchese Giuseppe Ongania. Contemporaneamente vengono percorse le meno impegnative creste nord e i vari canali meno verticali che lambiscono le torri principali, come la prima parte della cresta nord o cresta di Bobbio per opera di L.Gatto e A.Casiraghi 1907, successivamente percorsa interamente da Vitale Bramani e Eugenio Fasana. Sempre Fasana e Bramani a volte insieme a volte legati ad altri alpinisti iniziarono a cavallo degli anni venti un’accurata esplorazione del gruppo tracciando itinerari interessanti e sempre più impegnativi, come la est del pilastro centrale dello Zuccone Campelli o la stessa via Bramani al Pesciola.
Sono però gli anni trenta che rappresentano la stagione più interessante e significativa dello Zuccone Campelli, in quegli anni infatti si verifica ai Piani di Bobbio un’intensa frequentazione alpinistica unica e irripetibile che porta i più famosi alpinisti del tempo a confrontarsi su queste rocce.
Nel Giugno del 1931 Leopoldo Gasparotto e A. Rand Herron salgono una logica di diedri e fessure di ineguagliabile eleganza sul Pesciola, nello stesso anno Ettore e Manlio Castiglioni esplorano il grande camino ovest dello Zuccone Campelli. Nel 1932 sono ancora Vitale Bramani e Eugenio Fasana che aprono un itinerario notevole per l’epoca, parete aperta poche protezioni e grande esposizione, lo spigolo est del pilastro centrale dello Zuccone Campelli una via di IV° continuo ancora oggi da non sottovalutare. E’ però il 1933 l’anno più significativo per le Pareti dei Piani di Bobbio, infatti il 28 maggio di quell’anno la cordata più esclusiva che la storia dell’alpinismo riconosca decide di aprire una via diretta alla cima dei Campelli. Emilio Comici in visita in quel periodo nel Lecchese viene accompagnato ai Piani di Bobbio dagli amici Mario Dell’Oro “Boga”, Riccardo Cassin e Mary Varale e la firma del suo stile e della sua classe rimane tra queste pareti. Forse anche per la fama dovuta alla visita di Emilio Comici che negli anni successivi ai Campelli si assiste ad una frequentazione continua, cosi da arricchire le pareti di numerosi nuovi itinerari innalzando il livello tecnico e le difficoltà. Ma è nell’ottobre del 1934 l’anno in cui Eugenio Vinante reduce da un’intensa campagna alpinistica estiva sulla Grigna e precisamente al Sasso di Sengg dove ha aperto numerose ed impegnative vie, sale ai Piani di Bobbio e individua sul pilastro sud dello Zuccone Campelli una sua linea. 150 metri di sviluppo, arrampicata difficile e continua che non trova riferimento con le altre vie aperte nel gruppo, VI° grado, il primo ai Campelli e tra i primi nelle alpi. La via è impressionante, strapiombante per quasi tutto il suo sviluppo, roccia non perfetta e poche protezioni precarie, ma esprime pienamente la grandezza di un alpinista formidabile secondo solo alla sua umiltà e riservatezza. Dopo l’exploit di Eugenio Vinante il flusso alpinistico continua nelle ripetizioni degli itinerari già presenti ma sembra fermarsi nei confronti dell’evoluzione alpinistica marcata da Vinante, solo il 12 settembre 1937 C. Sicola, apre in solitaria un interessante itinerario, prima nel grande camino centrale e poi lungo lo spigolo della parete nord dello Zucco di Pesciola.
Successivamente un lungo periodo di pausa interessa le rocce del Gruppo Campelli Barbisisno, che termina solo nel primo dopoguerra con un altro grande protagonista dell’alpinismo internazionale Carlo Mauri. E’ il 1947 e il giovanissimo Carlo Mauri (16 anni) con l’amico Luigi Castagna apre una via molto sostenuta, sfruttando una serie di fessure che incide gli strapiombi del pilastro sud dello Zuccone Campelli, molto vicina alla via di Vinante.
Gli anni cinquanta passano in sordina o quasi, se si escludono le sole ripetizioni delle vie, fatto alquanto curioso se si pensa che è proprio di quegli anni la costruzione dell’impianto di risalita che rende più comodo e veloce l’accesso ai Piani di Bobbio da Barzio.
Solo negli anni sessanta si assiste ad un'altra epoca d’oro per il Gruppo Barbisino Campelli Pesciola, infatti iniziano a frequentare le Pareti un gruppo di forti arrampicatori locali, Fulvio Casari in testa è di sicuro il fautore di questa nuova esplorazione del gruppo. Fulvio gestiva (e gestisce tutt’ora) con la famiglia il rifugio Sora ai Piani di Bobbio, e non è stato sicuramente difficile per un giovane appassionato apprendere le tecniche dai vari scalatori di passaggio per poi metterle a frutto dandogli una propria interpretazione. I risultati sono eccellenti, Fulvio legato in cordata con vari amici Raffaele Zecca, Luciano Segatel, i fratelli Mario e Giuseppe Minonzio apre a partire dai primi anni sessanta una serie di vie molto belle e difficili, contribuendo non solo all’esplorazione dell’intero gruppo, ma anche, ripercorrendo gli itinerari classici, ad attribuire una primaria ma fondamentale omogenea classificazione, per grado, difficoltà e ubicazione. Anche il gruppo di arrampicatori locali iniziano a lasciare il loro segno con l’apertura di vie molto significative e difficili, tra di loro sicuramente i F.lli Minonzio e Luciano Segatel si distinguono per capacità e ottima conoscenza del Gruppo. L’interesse per il Gruppo Campelli Barbisino ricomincia ad uscire dalla ristretta cerchia locale ed ecco che nei primi anni settanta, anche per merito della recente nuova funivia altri alpinisti si misurano con le pareti dei Campelli. Ma sono gli anni ottanta che segnano ancora una svolta tecnica su queste pareti, inizialmente si continua ancora con l’apertura di vie in stile tradizionale con chiodi e nuts, poi l’avvento dello spit permette di spostarsi su tratti non proteggibili e la storia e i personaggi cambiano. 1980 Dante Porta apre un itinerario ancora in stile tradizionale sul pilastro sud dello Zuccone Campelli, contemporaneamente Marino Marzorati apre in successione e con uso limitato di spit tre splendidi itinerari sulla prima torre di Pesciola, dove anche i locali Calimero Costadoni e Massimo Bertulessi trovano spazio per una bellissima linea proprio a fianco di quelle tracciate da Marzorati. Nell’1986 il patrimonio alpinistico del gruppo Campelli Barbisino era cresciuto notevolmente e la necessità di raccoglie e documentare le vie esistenti prese forma nella guida “Zuccone Campelli: le trenta vie più belle”, scritto e curato da Ivo Mozzanica e voluto dal Cai di Barzio.
Contemporaneamente anche Ivan Guerini inizia la sua esplorazione nel gruppo, che continua ancora oggi, tracciando nel suo personalissimo stile diversi itinerari su difficoltà anche sostenute e con protezioni scarse o nulle, lasciando pochi o nessun segno del suo passaggio.
Nell’1989 sono Davide Galletti e Mauro Toselli a trovare spazio per una bella linea ancora sulla parete nord dello Zucco di Pesciola, successivamente Lorenzo Cernuschi e Aldo Tagliabue scalano i primi contrafforti della parete sud dello Zucco di Pesciola, che curiosamente nessuno fino allora aveva seriamente esplorato.
Negli anni novanta si assiste ad una frequentazione discreta delle vie pubblicate nella guida di Mozzanica, ma pochi si avventurano sul nuovo. Per opera dell’attivissimo gruppo del Cai di Barzio in quegli anni si effettua anche una prima sistemazione delle vie classiche, lavoro che ovviamente aumenta l’afflusso degli scalatori ai Piani di Bobbio. Una seconda sistemazione più efficace e mirata è stata fatta nel 2005 per opera delle guide della “Casa delle guide”, ma solo per tre itinerari, i più frequentati.
Sempre nel 2005 la Guida Fabio Lenti con Eugenio Volpe sale un itinerario di stampo alpinistico (richiodato successivamente a resinati) sulla sud del Pesciola. Agosto 2006 Pietro Buzzoni e Giovanni Nicoli “El Grimett” si accorgono che le placche strapiombanti del Dente dei Camosci non sono interessate da nessun itinerario, e dopo aver verificato la qualità della roccia aprono dal basso con il trapano uno bella sostenuta via moderna, la via Alex. Ottobre 2007 Diego Maroni e G.Antonio Gobbi salgono sulla sud del Pesciola una torre dall’apparenza poco attraente ed erbosa, ma il risultato è invece molto positivo per l’eccezionale qualità della roccia, tanto che l’anno successivo, giugno 2008, dopo aver fatto la prima ripetizione della via Pietro Buzzoni G.Franco Tantardini e Stefano Canali decidono di salire anche la torre che si trova di fronte alla torre salita da Maroni e Gobbi, oltre il canale ghiaioso che le separa, la roccia è ottima come la sua esposizione, le facili difficoltà e la scalata divertente e varia segnano le caratteristiche di questa salita. Agosto 2008 Pietro Buzzoni, Giovanni Nicoli e Gianfranco Tantardini risalgono di nuovo la via e aprono la sua logica continuazione fin sulla vetta dello zucco di Pesciola realizzando l’itinerario più lungo di tutto il gruppo, dieci lunghezze per uno sviluppo di circa 400 metri.
Nel settembre del 2008 per opera delle guide della “Casa delle guide” e con il finanziamento della Comunità montana Valsassina Valvarrone Val d’Esino e riviera, vengono iniziati i lavori di richiodatura e di sistemazione delle più importanti e frequentate vie classiche e non dello Zuccone Campelli dello Zucco di Pesciola e del Barbisino.